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LA SINDROME DI SALIERI

di Lorenzo Barberis 

Kurt si distese sul letto ad acqua nel suo appartamento a Benton Square. Gli tornava in mente in quei giorni di lui e Serghej, i loro primi incontri sotto il cielo di una Berna non ancora radioattiva. Erano la testa di ponte della RealAvanguard che sarebbe venuta due anni dopo. I media li snobbavano - allora - trattandoli da nostalgici preWardisti. E adesso lui era qui, al terzo livello di Londra dopo la rifondazione , in un alloggio sopraelevato su colonne intelligenti Tecnox di acciaio denso, la miglior difesa possibile contro la microcriminalità selvaggia mutante. In fondo difendersi dalle aggressioni fisiche non era poi così difficile anche nel trentaduesimo secolo - erano i nemici interni che non potevano venir schermati fuori così facilmente. Il suo cervello era un Oniko- Weird, avrebbe dovuto proteggerlo dal flusso di ritorno. Avrebbe.

NON SI PUO' OSCURARE CIO' CHE VIENE DALL'ABISSO PIU' NERO, KURT. IO SONO L'ESSERE IN CUI LA MORTE STESSA MUORE !

Perfetto, anche Poe adesso. No, era Lovercraft, anzi. Chtulu, forse. Ma che importanza poteva avere ? Decise di telefonare a Dare. Dare, bastardo... lo aveva messo lui in quel casino. Ma solo le sue Chimiche potevano ancora sortire qualche effetto... e le dispensava con estrema svogliatezza. -A lungo andare provocano un calo di creatività, Kurtzie... tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.- Sogghignava, il grandissimo figlio di puttana, Mr. Magic Manager.

Come il giorno che l'avevano incontrato, lui e Serghej - e Jeamie, c'era ancora Jeamie in quei giorni. Era stato un grande su quello, bisognava ammetterlo. Aveva fiutato l'affare con tre mesi di anticipo su tutti gli altri - e tre mesi nel Art Business sono un cazzo di tempo. Il tempo necessario a fare un contratto in esclusiva, lanciarli sulla pista e mandare nel panico le Megacorp al punto di costringerle a trattare. Dopo di loro il diluvio, ovviamente. La RealArt aveva preso piede al punto che era impossibile trovare ancora qualche performance in rete nel 3296, e quanto ai quadri virtuali sembrava che nessuno ne avesse mai sentito parlare. Una tradizione di 1200 anni buttata nel cesso da un ex tossico, una spogliarellista, un pirata di provincia e Lui, Ignatius Kurt. Non avrebbe saputo come definirsi ai tempi. Ordinario. Girava con Sergh dopo averlo conosciuto alla Descott, prima che venisse occupata, naturalmente. Frequentavano insieme ArcheoTecniche dell'Arte, e una volta Sergh si era incazzato perché il programma arrivava solo fino al Corel Draw e non toccava le FisioTecniche. Aveva litigato col prof., si era fatto sbattere fuori dall'aula in modo altisonante - aveva sempre avuto una passione per la grandeur- e il giorno dopo incontrandolo sulla Gravio gli aveva attaccato un bottone sulle archeotech, quelle VERE amico, quelle classiche, le fisiotech. Pittura. Scultura. Sbalzo su rame. Mosaico. Si scaldava parlando, non era per niente competente ma lo emozionavano le pure parole. In quel periodo era anche lui caldo per le archeotech, ma non lo aveva confidato a nessuno. Sembrava che riuscisse a esaltarsi per l'opposto di ciò che era Trend nel Kult Pub e

nel Virtuelle. Così avevano cominciato a lavorare insieme. Mente e braccio. Serghej era cosi’. Detestava i problemi tecnici, odiava affrontare banali questioni pragmatiche. Ma era l’unico artista della materia da un millennio a quella parte. Kurt non dubitava minimamente che se fosse vissuto in un altra epoca -con un altra educazione, un altra mentalità- sarebbe diventato un Leonardo, un Picasso, un Kirby - i pochi grandi nomi della preistoria dell’arte che ci restavano. Li aveva studiati al Secondo Stadio di formazione e venivano mostrati a fine esclusivamente propagandistico - videofilm di frammenti di carta bruciata, di pietra sgretolata volta a dimostrare la morte della materia ed esaltare la Cgrapich -la vera arte, i cui risultati (citava il Grandi-Soun a braccio) "ancor oggi come mille anni fa illuminano vividi i nostri schermi". Ma lui segretamente era stato vinto da quelle linee tracciate a mano, da quella pietra scolpita da un braccio di carne, conservate, nascoste nei caveau della Conservazione Ambientale Governativa, una cocktail-bomb centinaia di volte più potente di quelle con cui le Megacorp stavano allora sterminando definitivamente le colonie indipendentiste del Sud. Gli antichi la chiamavano la Sindrome di Stendhal, e secondo loro era la forza vitale che faceva la differenza in un opera d’arte. Fatto sta che aveva iniziato a dipingere, per conto suo, con materiali di fortuna comprati nella rete clandestina. Ai suoi aveva fatto credere si trattasse solo di qualche sintodroga un po’ piu’ carica, e così si poteva permettere di abbandonare i tubetti di vernice in giro per la stanza dato che i parents erano stati molto caldi nella Grande Stagione delle Droghe di vent’anni prima. Un atto di eroismo piccolo borghese, forse, l’unico della sua vita, che era stato ampiamente ricompensato quattro anni dopo, quando con quelle tecniche, con quei mezzi era diventato l’esecutore delle geniali invenzioni di Sergh. Oddio, non che allora andassero poi così d’accordo. Dopo pochi mesi avevano iniziato a litigare in continuazione, a punzecchiarsi continuamente di fronte alla platea divertita degli amici di Sergh a cui lui l’aveva presentato, frequentatori di circoli di milieu artistico vero e proprio, non i centri occupati dal MoviMutante o i Cool Sites virtuali del momento, ma gli Underbar della mala per cui passava lo spaccio di armi e droghe illegali. Ma artisticamente era un periodo aureo. Le loro opere non erano ancora quotate ufficialmente - logico, visto che la Real Art era illegale - e già iniziavano a farsi un nome, una fama, a suscitare interesse. Anche quello della polizia. Ma anche quello di Dare. Dare era uno dei peggio del giro di Sergh. Era ricercato per pirateria e spaccio anche nelle giurisdizioni legislative di manica più larga. Dare li beccò due settimane prima della polizia e fu un bene, perché li arrestarono lo stesso, ma Dare aveva appena attivato i ganci giusti facendo arrivare alcune loro cose nelle mani giuste. Il giorno dell’arresto coincise con una personale all Art Museum di Bologna, il più potente e spregiudicato del momento, ovviamente a sorpresa. Un giorno gli oltre dieci milioni di visitatori virtuali si trovarono l'accesso sbarrato e una breve, fredda nota che informava OPERE DEL GIORNO NON DISPONIBILI PER ALTERABILITA’ DEL SIGNIFICATO che, come intuirono i più, significava una sola cosa : RealArt! Sergh, Kurt e il vecchio Dare si erano trovati a essere il barattolo angolare in un enorme piramide di lattine di pomodori in scatola alta tre volte di qui alla luna e ritorno. C’era un sistema d’arte vecchio di migliaia d’anni, in attesa spasmodica di qualsiasi innovazione. La Real Art era la risposta. Naturalmente quattro croste tirate a caso - come c’erano già state nella storia - non avrebbero sortito alcun risultato. Ma la Spirale Dei Quattro, la Dalia Nera e il Tecnico Riflessivo (che sarebbe stata la copertina must di ogni CD d’arte contemporanea per il prossimo millennio) erano lì, a dimostrare la forza del tratto contro la debolezza del bit. Era tutto relativo, ovviamente, ma in quel momento funzionò. La rete iniziò a contrarsi a un ritmo di 4 milioni di utenti AL GIORNO. Le opere d’arte ufficiali rimanevano invendute, il mercato clandestino di realart andò alle stelle e Kurt&Kraipovijch, la premiata ditta, riuscirono perfino a costringere la Big Em, la Microsoft3000, a capitolare e chiedere i dirintti delle loro opere in cambio di un contratto capestro che praticamente la costringeva in modo inoppugnabile a mantenere nello sfarzo i due artisti a vita. Come Sergh dichiarò su tutti i giornali, era stata la vittoria della Sindrome di Stendhal. Ma mentre le ragazzine mutanti iniziavano a tatuarsi i loro quadri sulle tette le Megacorp e la M3000 iniziavano a preparare le loro contromosse.

Kurtzie collassò sul letto mentre il videophone Seiko cercava a vuoto Dare the Devil in automatico. Non era facile rintracciarlo visto che evitava i cellulari dal giorno che aveva subito un attacco ad ultrasuoni che l’aveva costretto ad un innesto auricolare Sony, e c’erano un milione di indirizzi in memoria dove rintracciarlo, da un tempio buddista a un coffee shop di Amsterdam.

Kurtzie sospirava ansiosamente mentre la presenza continuava ad angosciarlo con la sua voce stentorea da vecchio criminale.

ALLORA PICCOLO KURTZIE, HAI PAURA ADESSO ? HAI PAURA QUANDO LA MENTE SI CHIUDE NEL SUO SIPARIO ARGENTATO E LA BELVA ESCE FUORI PER IL SUO TRUCIDO PASTO ? IO SONO IL JURASSIC PARK DELL’INCONSCIO, BABE... NON POUI TENERE LA BELVA SOTTO PER SEMPRE, E LO SAI !

Sempre peggio. Ora si metteva pure a citare i film trash della preistoria, il bastardo. Era fatto così, spaziava dalla cultura più elevata allo squallore più demenziale, e da tutto estraeva la quintessenza vitale che portava al successo. Era stato il suo grande contributo alla loro farsa a tre, o forse a quattro, chi lo sa.

Gli elementi che avevano portato al successo della premiata ditta erano tre. Un abile artista, l’esecutore materiale. Un manager, in grado di rendere le opere degne di sfruttamento commerciale. E un Genio. Una volta raggiunto il successo bastava l’ultima delle tre, e gli altri due potevano allegramente fottersi. Kurt lo capiva. Dare lo capiva. E lo capivano LORO, le Artcorp. Avevano un cervello composto da milioni di manager e computer intelligenti. Lo shock della RealAvanguard li aveva colti impreparati, OK. Uno a Zero per i Freaks. Ma ora la squadra dei cervelloni si rimise al lavoro in modo sistematico. Obiettivo : spezzare il gruppo. Isolare Sergh e renderlo un innocuo produttore di miliardi attraverso la merda che avrebbe potuto cagare su una tela, e la gente avrebbe giurato che era RealArt. L’avrebbero sistemato su un Ecosistema Orbitante, un atollo della felicità imbottito di droghe e di carne fresca femminile e stop. Quanto ai soci, una volta caduti nella merda, avrebbero probabilmente finito i loro giorni con due scarpette di cemento nel fondo della Senna come nel ciclo mitico di Bill Gates si narrasse fosse finito il manager del Netscape Navigator - una leggenda urbana non autorizzata che però non dispiaceva che circolasse alla M3000. Non agirono in modo esplicito, no. S.K. era l’ultimo dei romantici, in fondo. Non potevano mandargli un pusher calvo con gli occhialini rossi a sussurrargli nelle orecchie -Psst, amico, fatti un favore, lasciali !- ne si sognavano di farlo. Ma fecero di meglio. Solleticarono il suo amor proprio, mettendo lui su un altare e sfogandosi con noi. La parola passò sulle migliori riviste d’arte OnLine. La solfa era sempre la stessa : i tre freak brothers divennero il GRANDE GENIO e le due piattole, l’artista del cazzo e Mr. - the bastard - Manager. Non che Sergino ci credesse fino in fondo, oh. Però avevano colto nel segno. Si comportava come se fosse SCONTATO che se erano lì era merito solo della sua infinità bontà visto che avrebbe potuto incularli ogni secondo che passava e lui, DA VERO AMICO, non lo faceva. Iniziò a dare per scontato che avrebbero dovuto baciare il suolo su cui passava e alzargli inni ogni istante per rendergli grazie di esistere. In più iniziò ad esaltarsi sul fatto di essere un GRANDE GENIO, mentre era solo un Genio senza tutte le maiuscole, un eccelso compositore di forme e colori, di idee e invenzioni, che era passato nel posto giusto al momento giusto - e basta ! -. Iniziò a pretendere di essere il grande sperimentatore, il grande inventore, il genio spregiudicato, il Mozart della Materia etc. etc. etc. Kurt si incazzava e basta. Ma Dare... Dare si incazzava e iniziava ad ideare un piano.

Kurt si alzò di scatto. Si era addormentato, merda ! Si collegò subito al VideoPhone e notò la faccia di un Dare scazzato al di la dello schermo. -Allora, Piccolo Kurtzie, che cosa mi chiami a fare se poi non rispondi ? Bon, comunque se vuoi beccarmi sono al Gravital, chiamami li. Adios !- Fottuto Bastardo. Dove cazzo aveva detto di cercarlo ? Rilesse lo schermo con attenzione. Gravital. Ma certo, si beccherà con quella puttana di Jeamie.

Jeamie. La troia... la ragazza di Sergh. Fino a un certo momento era solo scenario, una faccina mezza europea mezza giapponese sorridente che appariva ogni tanto dietro le spalle potenti del socio senza mai dire una parola. Lo strumento migliore nelle mani di Dare per neutralizzare Serghej, ovviamente. Un giorno era venuto da lui e gli aveva parlato con fare ammiccante, la fronte imperlata di sudore :

Lo sai, Kur, lo sai che ci fottono eh ? Aspetta che la vecchia roccia si fotta ancora un po’ di cervello con le OlDrugs che gli stanno schiaffando... e poi vedi dove finiamo io e te, telodicoio... non che voglia incularlo, cazzo è un amico, ma sai bisogna pararsi il culo di questi tempi...- Tirò su una striscia di qualcosa direttamente dal sintetizzatore portatile e riprese più eccitato di prima. -Ho trovato, Kurtzie. Lo fottiamo il bastardo. Lo fottiamo con gli stessi mezzi con cui hanno fottuto l’arte, capisci ? Oh, è grande, grande... sembra quasi un simbolo ma è così ! - Ansimò - Mi sono lavorato la piccola Jeamie, la puttanella... sai che se la tira da artista per ripicca di tutte le corna che le ha messo Sergh grazie alla figa tirata su col successo ? Si è bevuta tutto, tutto la troia.- Fece una risata cupa e roca. La aveva introdotta ai testi su cui si era documentato, e lei ci era caduta come una pera matura. Pop Art. Performance. Body Art. La vera frontiera dell’arte. Ogni cosa ha un suo prezzo, diceva sempre Jeamie. E l’artista deve sacrificarsi per l’arte, non può usarla per i soldi. E non se ne faceva un cazzo della sofferenza interiore di cui parlava il vecchio Essekappa, si puliva il culo lei che era cresciuta sulla strada. L’artista doveva portare le stigmate dell’arte sul corpo, condannandola alla morte con lui. E giù con le stronzate che Dare le aveva ficcato dentro a imbuto. Fu un video divertente quello che Dare mostrò delle sfuriate degli ultimi mesi della Coppia Divina, ma Kurt rise molto poco. Dare voleva qualcosa e lo sapeva, se no avrebbe fatto tutto per i cazzi suo. Ma cosa ?

Dare era Satana in persona sotto le alogene del fumoso UnderBar 18. - E’ tutto fatto, l’ho cotto a puntino come uno Strasburger estrogenato. Il 15 novembre 3998 S.K., il maestro indiscusso della RealArt, si connetterà in rete mondiale per dipingere una sua opera in contemporanea nella realtà e nell’Internet. Sperimentazione, amico sperimentazione ! Microcavi incastronati nel suo cervello riprodurranno ogni tratto inciso sulla tela in una scia di pixel iridescenti su un computer collegato alla rete. Ovviamente il nostro caro artista reale morirà durante un piccolo incidente di trasmissione. E noi... noi utilizziamo a nostro vantaggio un piccolo particolare del nostro contratto collettivo.- E io ho firmato, ho firmato il patto col diavolo si stramaledisse Kurt rotolandosi sul pavimento.

La Big Em, la Micro3000, si rassicurò definitivamente. Dopo solo tre anni anche la RealArt diventava una delle solite cazzate in rete. Naturalmente Sergh morì per un guasto tecnico durante l’interconnessione che lo trasformò in un dio. Le sue quotazioni si impennarono, fu l’acme della RealArt ma per tutta la rete ci fu un illusorio sospiro di sollievo. Morto il genio la corrente anarchica della materia sarebbe stata addomesticata nel grande circo elettronico. E invece no. L’uomo dietro le quinte, il Signor Salieri, il vecchio Iggy Kurt il maggiordomo di casa Kraijpovich dimostrò un inaspettata vena creativa. La critica che prima aveva sfogato sulla parte più debole della premiata ditta l’astio verso il genio distruttore si trovò costretta a una revisione e a una riabilitazione. Era stato facile, e anche se alcuni nel settore avevano capito non si poteva fare un cazzo contro di loro. Un contratto li autorizzava a decidere della salma del loro comune amico. Ebbene, non fu difficile estrarre dal cervello ormai fuso ma funzionante grappoli di materia grigia, quella che regolava il funzionamento dell’attività artistica, la creatività o cos’altro fosse. Il risultato fu un po’ antiestetico, a guardare con attenzione il cranio di Kurt sul retro si sarebbero visti tanti piccoli rigonfiamenti gibbosi di metallo che egli nascondeva con i lunghi capelli giallastri.

Sullo schermo appariva ora il volto di Dare - in diretta questa volta, e sempre scazzato-.

- Come va piccolo Ray ? Tutto bene, immagino... ah, la Sony Gallery of Kioto attende qualcosa per la biennale del New Japan... cosa dici ? vuoi qualche chimica ? Magari una F4, in modo da far riposare un po’ la tua testolina stanca ? Niente da fare... lo sai, prima devi produrre... non mi serve a niente il buon vecchio dottor Jekill se prima non lavora mr. Hyde... Va beh, visto lo stato ti mando un pony tra due ore con qualcosa di blando, almeno puoi dormire un po’. Ma mi raccomando non fare una stronzata come quella che abbiamo spedito a Brasilia 3000... le vendiamo lo stesso, okay, ma non possiamo vivere di rendita con milioni di bastardi che ci stanno al culo, no ? Adios !- Kurt si abbatte con disperazione sul soffice letto ad acqua posto al centro della suite. La faceva facile Dare, ma non doveva subirsi lui quel bastardo non collaborava. Alzò lo sguardo verso la parete a specchio dove vide il mostro, l’essere bicefalo che lo guardava restituendogli la sua stessa disperazione. Certo, denaro, donne, successo, tutto quello che il nostro piccolo Kurt aveva voluto. Ma il prezzo era lì, nella sua testa, e urlava nella voce terribile che lui solo udiva, una protesi disgustosa, il cervello vivo del suo migliore amico strappato alla sua carne morta per produrre, ancora, fuso nel suo stretto neurone a neurone, separato solo dalla sottile lamina metallica di un chip. "La materia cerebrale innestata non raggiunge la massa critica sufficiente per produrre un autocoscienza spontanea. Trattasi di autosuggestione del paziente indotta da frustrazioni e sensi di colpa. Suggerimento : inizializzare trattamento psicoterapeutico."

MA CHE NE SANNO LORO, MIO PICCOLO AMICO, CHE NE SANNO DI UN PEZZO DI CARNE VIVA CHE TI BRUCIA NELLA TESTA ?

Le lettere si stampavano a fuoco nella testa di Kurt che, tuttavia, si alzò per andare a comporre qualcosa in attesa del suo express. Fuori pioveva, e le gocce acide stampavano sui metalli meno nobili fantastici, secolari arabeschi.

La Sindrome di Salieri (1997,Lorenzo Barberis).

 

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